Coltivazione di ceppi di lievito in bioreattore pilota per applicazioni enologiche
LaVitaWiz possiede soluzioni e competenze biotecnologiche per le esigenze dell’industria enologica che guarda all’innovazione come obiettivo primario di qualità.
La loro selezione di lieviti proviene dalla biodiversità naturale presente in Italia e negli altri paesi a vocazione vinicola. Offrono colture per la prima vinificazione e per la rifermentazione, sia Charmat che in bottiglia. Inoltre, sono molto attivi nella ricerca e sviluppo di colture di lieviti non-Saccharomyces, di batteri malolattici e di attivanti di fermentazione.
L’estratto seguente si è focalizzato sulla formulazione di uno starter enologico contenente un ceppo di Saccharomyces cerevisiae autoctono, che è stato isolato da uve destinate alla spumantizzazione, riprodotto in purezza in un bioreattore pilota Solaris tipologia Jupiter, garantendo la riproducibilità delle condizioni di coltivazione, e validato dal punto di vista funzionale mediante l’esecuzione di prove di vinificazione e di spumantizzazione.
SCOPO DELLA TESI
Gli obiettivi del lavoro sono stati: dimostrare la possibilità di selezionare in vigneto ceppi enologici autoctoni con proprietà tecnologiche utili e caratteristiche di qualità idonee al tipo di prodotto desiderato; dare garanzia di riproducibilità della coltivazione in bioreattore; confermare la valorizzazione del prodotto tipico attraverso l’evidenza del legame tra il territorio e il prodotto finito.
RISULTATI
La coltivazione è stata effettuata in un terreno di coltura contenente zuccheri e altre sostanze nutritive, sali azotati, sali che fungano da tamponi per il pH e acqua di processo.
Prima della coltivazione si verificano i parametri del brodo colturale come grado BRIX, assorbanza e pH.
Il brodo viene inoculato a partire dalla flask in cui il ceppo è stato fatto crescere.
Si impostano i parametri di coltivazione: temperatura, gas flow, pH, stirring.
L’andamento della coltivazione è visualizzabile tramite grafici che riportano la temperatura del vessel, l’andamento della dO2, l’andamento del pH…
Per considerare terminata la produzione di biomassa, ovvero per cogliere il momento in cui è presente nel bioreattore la concentrazione massima di cellule vitali, ci si basa su target quali BRIX e assorbanza.
Una volta ottenuta la biomassa, si procede con il controllo qualità, per verificare il numero di cellule ottenute, la purezza del ceppo e l’assenza di eventuali patogeni.
La biomassa viene poi testata in mosto d’uva, inoculando il lievito con un dosaggio standard e poi monitorando giornalmente la fermentazione del mosto tramite la misura del grado BRIX e l’osservazione delle cellule di S. cerevisiae al microscopio ottico.
A fine fermentazione, a fronte di un grado alcolico ottenuto dell’11%, sono state svolte analisi enzimatiche per misurare la presenza di eventuali zuccheri residui, acetaldeide, acido acetico, glicerolo.
Dopo l’eliminazione delle fecce, si è ottenuto un vino base limpido, cui sono stati aggiunti saccarosio e lievito per avviare la rifermentazione in bottiglia (metodo classico). E’ stato monitorato l’incremento della pressione in bottiglia, tramite un manometro applicato ad essa nel corso della rifermentazione. I dati ottenuti indicano un incremento lineare fino a 6 atm, indice dell’avvenuta e completa rifermentazione.
CONCLUSIONI
In conclusione, dall’insieme dei dati ottenuti è stato possibile affermare che si possono produrre biomasse di lieviti enologici autoctoni, in condizioni controllate, standardizzate e ripetibili, impiegando il bioreattore in studio, e utilizzare successivamente gli starter in prove di fermentazione di un mosto e di rifermentazione del vino in bottiglia, con risultati interessanti in termini di performance tecnologiche e organolettiche.
Fonte: contenuti estrapolati dalla tesi di laurea, Dott. Alessandro Guidi